RACCONTI DI BATTAGLIA: IL RISVEGLIO DI ASCULUM TENEBRIS
- Matteo Pasini
- Jul 9
- 5 min read
Updated: Jul 10

RACCONTO DEL TORNEO NARRATIVO "IL RISVEGLIO DI ASCULUM TENEBRIS", GIOCATO DA MATTEO PASINI CON LA BANDA GUARDIA DELLA CAPPELLA BRETONIANA
Capitolo I – Il Male nella Terra
Il Castello di Azzurra, avvolto da nebbie e leggende, aveva resistito al tempo grazie alla benedizione della Dama del Lago. Ma ora, anche quella grazia sembrava vacillare. Le provviste marcivano nei granai ancor prima di essere consumate. La carestia non veniva più lenita dai miracoli.
Ser Protopius, Cavaliere della Cerca, vide con i suoi occhi i frutti della cornucopia della Dama imputridire tra le mani delle devote. In ginocchio, nella cappella consacrata, implorò risposte. E la Dama rispose. Non con la grazia, ma con dolore.
"A sud-est, nelle terre di Asculum, si annida un male antico. Poni fine alla minaccia, o la mia benedizione svanirà."
Capitolo II – Ombre su Asculum

Con un pugno di cavalieri, pellegrini armati e la devota Eloyse, Ser Protopius partì verso Asculum. La città dimenticata. La ferita aperta nel cuore del mondo.
Arrivati alle sue rovine, scoprirono scritte antiche che menzionavano un certo Console Risvegliato, un essere che non era più uomo, né dio. Ma prima che potessero decifrare quelle parole incise su pietra, un branco di uomini bestia, piombò su di loro.
Il sangue macchiò la pietra. Le urla risuonarono tra i vicoli. I bretoniani combatterono con onore, ma dovettero fuggire. Solo Eloyse rimase illesa, protetta da una luce tenue che la guida in sogno.
Quella notte, la Dama le parlò:
"Cerca i frammenti dell’idolo. Nell’Arengo giace la chiave. Ma non siete soli..."
Capitolo III – L’Idolo Spezzato
Estratto dai diari di Eloyse, Devota del Castello di Azzurra

Dopo la visione, la strada verso l’Arengo fu lunga e costellata di presagi. Le stelle sembravano tremare come fiammelle al vento e le ombre si allungavano anche a mezzogiorno. Il nostro passo era lento, fiaccato non solo dalla stanchezza, ma dalla corruzione che ci seguiva come un cane fedele. Le provviste erano ormai inutilizzabili: muffa, vermi e una puzza acre di cadavere ci accompagnavano.
Arrivati all’ingresso dell’Arengo, le pietre stesse sembravano trattenerci. Le rune antiche tremavano al nostro avvicinarci, come se sapessero chi fossimo. Ma non eravamo i primi ad arrivare.
Sotto le arcate spezzate, tra le colonne corrose, si ergevano fiere le Sorelle di Sigmar. I loro mantelli bianchi erano sporchi di cenere, ma il loro sguardo brillava come acciaio ben temprato. La Matriarca Iohanna, armata di martello a due mani e fede incrollabile, ci accolse con parole dure come roccia:
“Non un passo oltre, cavalieri. Questa reliquia è sotto la protezione di Sigmar.”
Ser Protopius fece un passo avanti. Non con arroganza, ma con dolore nel cuore.
“Non desideriamo scontro, sorella. Ma la Dama ci ha guidati sin qui. Quei frammenti... sono la nostra speranza.”
Le sorelle formarono un semicerchio davanti all’altare, dove due frammenti di un antico idolo riposavano su un velo sacro. La Matriarca fece un cenno.
“Chi crede veramente nel suo dio, combatta per lui.”
E così fu.
Un duello rituale. Uno scontro tra fede e fede, onore contro giuramento. Ser Protopius e Iohanna combatterono sotto le volte spezzate, mentre le nostre lame restavano nei foderi, come testimoni silenziosi di una sfida divina.
La lama del cavaliere danzava come vento tra le fronde, ma la fede della Matriarca era incrollabile. Ogni colpo veniva parato, ogni fendente trovato vuoto. E quando il martello trovò il petto di Protopius, fu come se Sigmar stesso avesse parlato.
Il nostro campione cadde. Non morto, ma umiliato. Ferito nel corpo e nell’orgoglio.
Eppure, la Matriarca non infierì. Posò una mano sul petto di Protopius e sussurrò:
“Chi ama il mondo non lo distrugge per salvare sé stesso. La Dama e Sigmar non sono nemici. Prendi ciò che puoi portare, e vai.”
Fu così che ci vennero concessi due frammenti su cinque. Le Sorelle restarono a vegliare sull’altare, mentre noi, stanchi, affranti e con Protopius sorretto da due scudieri, abbandonammo l’Arengo.
Quella notte nessuno parlò. La fede vacillava, come la fiamma al termine dell’olio. Ma Ser Protopius, seduto su una pietra, ancora ansimante per la battaglia persa, sollevò lo sguardo verso le stelle.
“Non è il trionfo che ci rende degni. È il sacrificio.”
E con quelle parole, il cuore della nostra compagnia si ricompose, seppur tra crepe e dolore. Non avevamo l’idolo intero. Ma avevamo ancora uno scopo.
Capitolo IV – Il Risveglio

Un boato interruppe la preghiera. Un fascio di luce rossa trafisse il cielo, puntando verso il cuore oscuro di Asculum.
Lì trovarono un altare circondato da cultisti in preghiera folle. Le loro voci cantavano all'unisono:
“L’Ordine che consuma. Il Console che sogna.”
Ser Protopius e i suoi attaccarono, e passarono a fil di spada tre dei cultisti. Il sangue loro sangue macchiò l’altare, ma qualcosa si muoveva nella pietra. Il Console di Pietra si ridestava.
Nel caos dello scontro, una banda di orchi piombò nel tempio, attirati dalla promessa di un grande combattimento. Ignorarono i bretoniani, puntando tutto sul gigantesco essere che si ergeva, immobile, tra le rovine.

Poi il Console si mosse. Il suo primo gesto fu una sentenza: una paio di orchi vennero spazzati via in un colpo solo. Le armi rimbalzavano sulla sua carne di roccia. Eloyse gridava preghiere, ma la sua voce si perdeva nel vento.
Ser Protopius fu l’ultimo dei suoi a cadere. Il suo corpo spezzato, la spada ancora in pugno, giaceva ai piedi dell’idolo incompleto. L’ultima immagine che vide fu quella degli orchi, squarciati e calpestati, mentre il Console di Pietra avanzava, inarrestabile, verso il cuore dell’antica città.
Finale – Il Canto dell’Abisso
Finale del torneo narrativo:
Vincitore Alex Speca, Banda Beastman Rider.
Scritto da Alex Speca
Le ultime urla si sono spente.
Il fumo sale lento dalle rovine dell’Arengo, mischiandosi con la nebbia marcia che non ha mai davvero abbandonato Asculum.
Là dove un tempo sorgevano statue, ora vi sono solo ossa.
Là dove le bande combattevano per la gloria, ora resta solo silenzio.
Solo uno ruggisce ancora.
Shub-Na-Gor.
Il Capotribù. L’Immondo. Il Benedetto dal Massacro.
Ha portato con sé solo caos e distruzione.
Ha calpestato preghiere, spezzato idoli, fatto sgorgare sangue da pietra e pietà.
I suoi razziatori ululano ancora tra le rovine, le corna al cielo, le mani cariche di trofei strappati da corpi ancora caldi.
Il Console, il giudice eterno, giace decapitato.
La sua testa ora è appesa alle catene rituali del capo, che la mostra al cielo con orgoglio feroce, offrendola a Khorne tra risa e ruggiti.
Il sigillo della città è spezzato.
L’eco delle sue leggi è ora sommersa dal rullo dei tamburi tribali e dallo scalpiccio selvaggio delle zoccolate sul marmo spezzato.
"Non c'è salvezza per Asculum."
"Solo sangue. Solo cenere. Solo il trono di teschi."
E così si chiude Il Risveglio di Asculum Tenebris.
Non con una vittoria onorevole.
Ma con una risata.
Con un’epurazione.
Con il Caos che ha scritto l’ultima parola.
I superstiti non parleranno.
Chi ha visto non dorme più.
E chi ha raccontato… lo ha fatto scrivendo col sangue.
🕯 Asculum ora dorme di nuovo.
Ma il suo sogno è rosso.
E nel vento che soffia tra i resti dell’Arengo, si ode ancora il nome di chi ha osato porre fine al Giudizio:
SHUB-NA-GOR.
“Colui che ha spezzato la pietra.”
IL GIUDIZIO È COMPIUTO
“Le ombre si sono ritirate.
I sussurri tacciono.
E la pietra…
ricorderà.”
Il Console ha osservato.
I cultisti hanno cantato.
Le bande hanno combattuto, dipinto, scritto, e lasciato il segno nel cuore marcio di Asculum.
Ogni dado lanciato, ogni colpo inferto, ogni parola scritta ha costruito qualcosa di più grande.
Una rovina condivisa. Una leggenda collettiva. Un evento da ricordare.
Il Risveglio di Asculum Tenebris si chiude.
Ma Asculum… non dorme mai davvero.
“Chi è entrato oggi nelle rovine…
non sarà più lo stesso domani.”
Racconto scritto da Matteo Pasini, premio ultimo posto stratega incompreso, prologo e finale di Alex Speca primo posto al torneo.






















Comments